martedì 26 luglio 2016

Il tramonto di Sanders - sulla fine dell'americano più socialista dai tempi delle infiltrazioni delle spie russe.





Vedere e ascoltare la mezzora di presentazione con cui Sanders ha incoraggiato e promosso Hilary Clinton alla D.n.c. di quest'anno, è stato un po' come vedere il cadavere pugnalato di Cesare alzarsi per promuovere l'ascesa politica di Bruto.
Qualcosa del genere. Esagerazioni a parte.

E non si tratta unicamente della semplice eguaglianza Cesare = buono; Bruto = cattivo, quanto piuttosto un gioco di parole su come il candidato ormai sconfitto - in entrambi i casi per motivi di forza - si costringe a lasciare il passo a chi può fare la differenza.

Solo aver scritto l'espressione "fare la differenza" mi fa stare male. 
Il discorso di Sanders è stato persino peggio. La nostra rivoluzione politica - la nostra rivoluzione politica. La nostra rivoluzione politica è finita. Qualcuno direbbe che non sia mai nemmeno iniziata. 

È stato un bel sogno. Che il discorso politico sia ritornato per qualche mese sul livello dei principi e non delle riforme. Discutere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato piuttosto che se abbassare o alzare del 2% l'iva sui consumi.

C'è poi tutto un discorso sul senso di appartenenza e di identità politica che è molto difficile da tirare in ballo senza che sembri un richiamo disperato di attenzione o di senso di importanza. Vogliamo tutti fare parte di una rivoluzione? Non è così scontato. E soprattutto è davvero un innalzamento del livello della discussione o ne è solo una forma meno sofisticata? Di nuovo non ho una risposta decisa. Spero si tratti di qualcosa di soggettivo.

So che questo post sarà un flusso di coscienza disorganizzato e orrendo perché quello che penso della fine della campagna di Sanders è un flusso di coscienza disorganizzato e orrendo. Orrendo emotivamente, per modo di dire.

Ridistribuire la ricchezza. Che sia sbagliato che l'85% di tutta la nuova ricchezza generata sia incamerata dall'1% della popolazione. Chi non è d'accordo tira in ballo spesso la meritocrazia. È così semplice? Esistono persone che sono talmente meglio del lavoratore medio che si meritano 10, 20, 50 miliardi di dollari?

Sembrano domande retoriche ma non lo sono. Non ho una risposta. La mia impressione è chiaramente negativa, ma non ci scommetterei. Fra cinque anni potrei aver cambiato idea completamente. Già ora alterno nei i miei pensieri fra il capitalismo più selvaggio e un socialismo che farebbe impallidire Mao. Devo ammettere che due anni di economia mi hanno portato ad avere una certa simpatia intrinseca per le banche e le imprese e tutto il marketing delle istituzioni.

Mi sarebbe piaciuta la depressione. In questa circostanza, voglio dire. È stata la culminazione della lotta di una vita, di una vita di un uomo totalmente dedito alla sua lotta. Ed è finita in una cocente sconfitta di fronte alla più semplice e viscida, me lo si concederà, rappresentazione dell'establishment.

Troppo vecchio, troppo di sinistra, troppo idealista, troppo amico degli scansafatiche, dei perditempo, dei leccaculo, dei parassiti. Si dica quello che si vuol dire. 

Sanders ha perso, e nella sconfitta gli è stata negata persino la tristezza. La possibilità di strapparsi i capelli - i pochi che gli sono rimasti - mettersi a piangere e ritirarsi a vita privata. Dopo una vita a vedere i suoi ideali politici rinnegati e calpestati non gli è stato nemmeno concesso di essere una persona. Dopo l'ennesimo, l'ultimo - il più grave - schiaffo politico, gli è stato chiesto di comportarsi da politico. 

Chiesto potrebbe essere un termine debole per descrivere il trattamento.

E infatti eccolo lì: mezzora intera su un palco a sbraitare come Hilary Clinton sia il più progressivo e migliore dei candidati possibili. 

Solitamente troverei una situazione del genere kafkiana e pure divertente. Non questa volta. E non perché sia un moralista (o forse sì, che cazzo ne so), ma perché la delusione, la facciata, nasce tutta da una lotta che Sanders non può che aver fatto per gli interessi degli altri.

Cosa frega del minimum wage a una persona che ha vissuto con il ben più alto stipendio da senatore per gli ultimi trent'anni della sua vita? Cosa gli interessa dei college quando il suo figlio più piccolo deve preoccuparsi caso mai della pensione? Cosa gli interessa del servizio sanitario nazionale a lui che è assicurato e stra-assicurato?

La lotta di Sanders è stata puramente altruistica, per cercare di realizzare la visione del mondo che reputa più corretta. E quando la lotta è fallita del tutto, gli è stato tirato lo schiaffo morale del dover promuovere l'incarnazione di tutto quello contro cui abbia mai lottato.

Il potere che si conserva, si passa le cariche di marito in moglie, dai padri ai figli; dalle lobby ai gruppi di interesse.

È una retorica molto facile, me ne rendo conto, ma è la base per il dramma umano dell'uomo Sanders.

Non tutti possiamo vincere, immagino sia la morale. Qualcosa di molto anti-americano.

Come lo è Bernard Sanders, dopo tutto. 






















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