lunedì 22 agosto 2016

Sul mio amore sconfinato per Evangelion

Ho finito di vedere la serie originale di Evangelion (e i due film) ormai più di un anno fa. E nonostante tutto non riesco a smettere di pensarci. Non che ogni giorno mi svegli con i flashback del second impact, ma di tanto in tanto l'idea di eva riemerge. Riemerge in una maniera destrutturata, senza forma, fattasi solo impressione. È un senso di nostalgia mista a tristezza e commozione. Qualcosa del genere. Un brodo caldo, embrionale. Il mio essere vago nel definirlo è solo inadeguatezza a farne una descrizione più accurata.

La domanda che mi chiedo ogni volta che mi capita di ripensarci è sempre la stessa: perché mi piace così tanto?

Perché, oggettivamente, Evangelion è poco più che buono.

Le implicazioni filosofiche/psicologiche ci sono, certo, ma così come ci sono in qualunque romanzo vagamente di alto calibro. I dialoghi non sono particolarmente arguti - salvo eccezioni. È vero, ogni tanto Anno ha alcune trovate brillanti per comunicare cripticamente un'idea, ma sono sommerse dalla quantità insensata di urla di sillabe, banalità e cliché del dialogo anime classico.

Ci sono poi i primi 16 episodi, circa, di cui ci piace non parlare mai, ma che non hanno nulla di più rispetto a un Mazinga o un Goldrake qualsiasi.

Per non parlare del fanservice; del pinguino orrendo che è stato un tentativo patetico e fallimentare di creare una mascotte alla pikachu.

È proprio vero che quando si parla di qualcosa che ci piace tendono a venire fuori molto più i difetti dei pregi.

Per cui fatemi provare a concentrare su quelli.

La storia d'amore, in primis. Shinji e Asuka sono perfetti per il loro ruolo all'interno della storia. C'è qualcosa di molto convenzionale nel loro gioco delle parti. Sono i classici opposti che si attraggono e si respingono. Estroversione e interiorità. Vitalità e depressione. Timidezza e spavalderia. Eros e Tanatos. Immobilismo e foga. Sessualità e asocialità.
Eppure i loro caratteri così polarizzati (aiuta non poco il fastidiosissimo modo in cui parlano, figli del loro medium) così all'estremo dell'esperienza umana - Amore e Morte, appunto - non sono solo utili, sono necessari.

Sono necessari perché non ci sarebbe stato modo di avere una relazione differente in uno show sull'apocalisse fisica/relazionale dell'umanità. Sulla sua fine e la sua rinascita.

Non poteva che essere, la sua coppia protagonista, una coppia epica. Basata sull'epica, sul mito, insomma. E così è, per fortuna.

Mentre Asuka vortica - interiormente ed esteriormente, ma su questo aspetto tornerò più tardi - Shinji sprofonda, di nuovo interiormente ed esteriormente. 

Avrei voluto evitare di citare le scene più discusse della serie, proprio in virtù di quanto sono state affrontate, ma se penso al perché la amo così tanto non posso che tornarci a mia volta.

End of Evangelion, il secondo film, è sicuramente il punto più alto in assoluto.

Considerando la schifezza che si sta dimostrando il rebuild, è in retrospettiva quasi un miracolo quello che Anno è riuscito a sfornare. Ogni scena è perfetta per il crescendo di confusione emotiva e sessuale che porterà Shinji a implodere durante il third impact.

A partire dalla scena della masturbazione sul corpo comatoso di Asuka.


  
Alla sottovalutata ma altrettanto importante scena del bacio di Misato. 

"This is a grown-up kiss, Shinji. We'll do the rest once you come back."

Vale la pena approfondire un po'. Sono convinto che questo, solo questo, sia il momento di culmine assoluto della disperazione del ragazzo. Nel momento peggiore della storia e della sua depressione, Shinji, ancora pieno dei sensi di colpa per beh, la scena poco sopra, viene usato. Si potrebbe dire stuprato? Di fatto diventa un semplice oggetto nel bisogno disperato di Misato di non essere lasciata sola. 
E nel contempo la sua sessualità da adolescente in formazione viene nuovamente provocata.
I suoi desideri sono solo un fine strumentale per le persone che lo circondano, e che gli dimostrano, in questa scena al suo apice, come non gli importi fondamentalmente di lui.
Misato non aveva mai avuto attenzioni nei suoi confronti. Fino al momento della morte di Ryoji, Shinji non è mai esistito ai suoi occhi, sessualmente. Shinji è il ripiego, l'ancora, la seconda scelta per non dover affrontare la solitudine. E il ragazzo lo percepisce.

E la scena finale.


Ho come impressione che ci sia del simbolismo in questa inquadratura, mmh...
Mio Dio la scena finale.

Anno va addirittura a scomodare Hegel, per concludere la sua opera, e ci riesce benissimo.

Nella dialettica dello schiavo e padrone si teorizza come per riconoscere il proprio sé, l'io abbia bisogno di un secondo essere. Da questo, ne deriva una delle forme di interazioni più tradizionali. Lo schiavo ha bisogno del padrone perché non potendo essere sicuro della propria entità a priori, auto-riconoscendosi, affida il suo essere su un'altra entità. Il padrone, appunto. Diventando un puro oggetto dialettico investe il padrone del ruolo di essere. Egli diventa, cioè, responsabilità senza autorità. Responsabilità in quanto la sopravvivenza del padrone dipende dal suo operato. Specularmente, trattandosi a operare con un oggetto, il padrone diventa un vero spirito agente (lo stesso spirito che anima la storia e la società nel resto della filosofia di Hegel), è quindi autorità senza responsabilità.

Il problema dell'auto-determinazione della coscienza di sé viene investito di un carattere sociale, quindi, piuttosto che filosofico. Ed è esattamente sociale il piano di Instrumentalità della Nerv. Risolvere la questione sociale, definitivamente, significa risolvere il dualismo necessario per l'attuazione della dialettica schiavo/padrone.

La fine del third impact è chiara: il progetto di perfezionamento dell'uomo è stato un fallimento, Shinji ha scelto l'individualità. E allora si trova lì, spiaggiato.
Nel vedere Asuka, Shinji ha bisogno di testare, scoprire, capire in che stato si trova. Non potendosi auto-determinare, l'istinto umano è di provare l'esistenza di un altro essere. Come? Col contatto.

E Shinji la strangola.

Nel gesto c'è chiaramente lo sfogo di tutte le sue frustrazioni - di tutto il suo essere stato usato; da suo padre, da Asuka, da Rei, da Kaworu, persino da Misato.

Ma qui inizia il bello. Perché Asuka ribalta la dialettica hegeliana, e alla violenza reagisce con l'affettuosità. Una carezza materna, sulla guancia, senza nessuna connotazione sessuale. E i ruoli di schiavo e padrone si invertono. Shinji è sconfitto e lascia andare la presa. Di fronte a una dimostrazione tale di superiorità non può che ammettere di essere ritornato l'oggetto, di essere in balia del padrone Asuka. E di nuovo il ribaltamento finale: l'ultima parola. In cui è però Asuka a degradarsi volontariamente, a riportare al centro la palla, in una manifestazione di nichilismo che mette in discussione tutto il gioco delle parti.

L'espressione che termina Evangelion è praticamente intraducibile in italiano.

In inglese si è resa con "disgusting", e da questa io prediligerei un: "che schifo."

Volontariamente vago. Che schifo. Che cosa? La situazione? Shinji? Se stessa? Il gesto di Shinji poco prima?

La domanda più banale: è un finale felice?

Forse.

Di fatto nella mia interpretazione personale Evangelion pone due questioni. La prima è quella del riconoscimento del sé, e della sua necessità sociale, come abbiamo visto, e la seconda, che ne discende direttamente, è quella dell'accettazione della necessità sociale.

Dopo averlo respinto un'ultima volta, Shinji non riprende a strangolare. Rimane immobile, catatonico - o meglio: pacifico. Ecco l'accettazione. Risvegliandosi, trovando Asuka, il ragazzo verifica prima la conseguenza della sua decisione (di preservare l'individualità, vale a dire), e appena gli viene manifestato il lato negativo dell'individualità - il rifiuto - è finalmente capace di accettarlo.

Sceglie la vita, sceglie di vivere e finalmente, alla fine, ne è capace di gestire le conseguenze.

Certo ne è andato a discapito il 99.99% della popolazione umana, ma è un lieto fine per il personaggio.

Forse.



Di fatto le regole che gestiscono gli Impact non sono chiarissime, così come non è chiaro quali siano i poteri di chi li dirige.

Asuka muore, prima dell'Impact. Così come è morta la moglie di Gendo.

Se l'obbiettivo di orchestrare l'intero impact era, per l'uomo, quello di riuscire a riunirsi a sua moglie, viene naturale chiedersi in che senso questo pensava sarebbe avvenuto.

Come semplice coscienza collettiva, o a livello individuale?

Vale a dire, Shinji ha davvero potuto risparmiare Asuka dall'Instrumentalità?

È una possibilità concreta quella Asuka che vediamo non sia altro che un frammento dell'immaginazione di Shinji. In questo caso il loro comportamento darebbe vita nuovamente alla filosofia di Hegel, in una luce diversa.

Il loro scambiarsi di ruolo, così velocemente, rappresenterebbe, appunto, l'impossibilità di auto-determinarsi del ragazzo. Rimasto da solo con la propria coscienza di sé, senza nessuno a poterla confermare, è costretto a rimbalzare continuamente dal ruolo di schiavo a quello di padrone.

Hegel è dimostrato: l'auto-determinazione è possibile solo nel rapporto con un altro, e Shinji, rimasto sola coscienza individuale, non ne è in grado.

In questo caso il suo è forse il più grande dei fallimenti: sceglie l'individualità, l'umanità e tutta la sofferenza che con essa si accompagna, per poi non poter nemmeno avere prova dell'individualità.

Forse il "che schifo", è riferito proprio a questo. Shinji ha scelto se stesso - l'ego, cioè - in un gesto di appunto egoismo assoluto. Ha scelto di far valere la propria esperienza, la propria volontà al di sopra della risoluzione di qualunque conflitto sociale, ed è stato punito per questo. La sua individualità, così confermata, non potrà mai venire confermata; non potrà mai esistere. Che schifo.

A conferma di questa seconda ipotesi potrebbe venire una battuta che non è mai stata pronunciata. L'ultima affermazione, infatti, che io adoro oltre ogni immaginazione, è stata tuttavia improvvisata. La battuta originale, quella del copione, sarebbe dovuta essere qualcosa del tipo: "Non lascerò che tu mi uccida, Shinji Ikari."

Non lascerò che tu mi uccida. Uccidere che cosa? La prima interpretazione, la più ovvia, si riferisce a quanto abbiamo appena visto. Lo strangolamento. Non avendo una registrazione è difficile capire in che tono sia stata pronunciata - se con dolcezza, rabbia o disprezzo -. Ma c'è una seconda possibilità.

Che a parlare non sia Asuka - lei è morta, lo abbiamo visto - ma ciò che la sua immagine, nella fantasia di uno Shinji sconvolto ed esausto, rappresenta: il contatto.

La dialettica, cioè.

Il corpo sdraiato di Asuka non è altro che lo spirito di Hegel che sbeffeggia il protagonista.

Non avrai mica pensato di poterti sottrarre al rapporto servo/padrone, vero? Non credevi mica di poterti completamente auto-determinare? No, no, non ti lascerò uccidermi, Shinji. Io sono un'inevitabilità storica, sociale.

Non puoi uccidere la sofferenza causata dai contatti umani, non puoi farcela.

Shinji reagisce immobilizzandosi. È una resa?

Se pensiamo a come la traduzione venga da un inglese "I won't let you kill me", diventa ancora più possibile.

I won't let you. Non ti lascerò. Ma, con un'altra sfumatura: non ti permetterò di. Ovvero: non hai il mio permesso di.

L'inevitabilità è totale. L'assoluta dominazione di Asuka è talmente indiscussa, appunto, che Shinji non ha nemmeno la forza di riprendere a strangolare.

Shinji visualizza il suo problema, gli da una forma - quella di chi meglio lo ha incarnato, in vita - e alla fine del suo percorso, sconfitto, tenta un ultimo disperato atto di sopraffazione. Ma non ci riesce. Fallisce, miseramente. Asuka è troppo sopra di lui, al punto di negargli persino la libertà di provare, a superare il conflitto.

Non saprei dire quale delle due versioni preferisco.



Ogni volta che ripenso al finale di Evangelion ho come un nodo in gola.

Non è esattamente l'apertura, o l'ambiguità a colpirmi. Forse è il senso di assolutezza.

Diciamo che ho un debole per tutte le opere che hanno pretesa di essere totalizzanti. Le apocalissi, le analisi dell'umanità nella sua interezza. L'epica, di base. Tutto ciò che si atteggia e riesce a trasmettere l'impressione che quello di cui sta parlando sia il tema più importante di cui è possibile parlare.
Evangelion ci riesce giocando un po' sporco. La fine dell'umanità non può che esserlo, ma ci riesce doppiamente. Sì perché anche i personaggi tra loro hanno una gravità assoluta. Ogni azione è simbolica. Nessuno in Evangelion fa il caffè (almeno negli ultimi episodi). Ogni cosa è portata agli estremi pur mantenendo una certa naturalezza. Non ho idea se ci voglia del talento per farlo, ma sospetto di sì.

E l'astratto si fa materia pratica. Tutti gli elementi della serie più importanti sono semplici trasposizioni nel piano del fisico di qualcosa di astratto.
L'A.T. field sta per absolute terror field, vale a dire un fenomeno in cui in pedagogia si descrive una barriera mentale che alcuni bambini autistici pongono fra se stessi e il mondo, rifiutandolo. In Evangelion è uno scudo in grado di deflettere qualunque proiettile. Solo la figura materna, su cui i modelli di Eva vengono costruiti, è in grado di penetrarlo.
I rotoli del mar Morto, recentemente ritrovati, contengono alcuni passi della Bibbia, invece che descrivere il piano per l'Instrumentalità. E così via...

È una tecnica narrativa interessante - non molto diversa dalle raffigurazioni medioevali, dove i sentimenti o i personaggi biblici stavano uguali in mezzo alle altre figure, con solo i loro titoli (Amore, Morte, San Tommaso), a distinguerli.

Evangelion ha un rapporto conflittuale con la musica



Se da un lato non riesce a scappare al citazionismo colto che colto non è, lo fa con una certa dignità.

Shinji che allenandosi al violoncello suona l'inevitabile prima suite di Bach è offensivo come al solito, così come la scelta del canone di Pachelbel per il momento di musica corale. 

Ma quando la scelta serve per accompagnare un momento, invece che esserne protagonista, migliora sensibilmente.

Il punto più alto è la scena del combattimento con Kaworu, in cui si resuscita l'abusatissimo inno alla gioia.



Normalmente mi da la nausea vederlo tirato fuori, ma in questo caso sono riuscito addirittura ad apprezzare. Non so se si tratti della perfetta coordinazione fra i movimenti e la musica, la drammaticità del momento che fa da ovvio contrasto al tono della sinfonia, o un mix delle due. 
Di fatto ha segnato un bellissimo crescendo.

Non che la musica di Evangelion sia senza merito.


   
In definitiva ritorno al punto di partenza. Ovvero che non ho idea, almeno a livello oggettivo, del perché ami così tanto questa serie. I toni apocalittici ne fanno sicuramente parte, così come tutto il lato psicologico legato alla depressione e sua la vaghezza che ha quella buona proprietà di far sembrare che una risposta, se si scava abbastanza, la si trovi a tutto.

Che probabilmente non è vero. 

Le interviste ad Anno mostrano più un uomo che ha affrontato di petto alla propria depressione personale - affrontata nel periodo di composizione di Evangelion - piuttosto che un fine intellettuale che ha giocato a nascondere le verità nei dettagli e nelle speculazioni.

Se seguiamo la teoria della mort de l'auteur non dovrebbe fare alcuna differenza, ma è incontestabile che l'incentivo a spremersi le meningi, a leggere il più possibile in ogni minimo comportamento, viene decisamente meno quando c'è la conferma di stare semplicemente speculando.

Ironicamente, appena finito di scrivere la frase precedente mi verrebbe da aggiungere che alla fine dei conti Evangelion è una storia semplice, di un ragazzo che impara ad affrontare la sua interiorità e capire le relazioni, e che quindi la frustrazione nel non trovare spiegazioni filosofiche "sistematiche" superiori, fosse precisamente il punto.

Cioè che fosse intenzione di Anno spingere alla ricerca per poi dimostrare che la ricerca, appunto, è superflua, perché l'essenziale (sia nel senso di scarno che di fondamentale), era sempre stato di fronte agli occhi di tutti.

Oppure che la dimostrazione di nichilismo assoluto di Asuka, che chiude con quel "che schifo", non sia altro che una metafora della filosofia novecentesca che supera e spazza via quella sistematica del secolo precedente.

E di nuovo mi faccio rabbia da solo perché ho l'assoluta sicurezza che quando da me appena partorito sia, appunto, un mio parto, e che Anno non abbia mai pensato a nulla del genere.

Forse il pregio definitivo di Evangelion è quello di essere una buona tela su cui è facile proiettare le proprie idee, congetture, pensieri. Che sia questo il fantomatico "l'ho fatto vago perché volevo fosse lo spettatore a deciderne il significato", che 99% delle volte significa semplicemente pigrizia?
Se solo avesse imparato a mentire da Miyazaki sul dare l'idea di saperne di più di tutto quello che è stata in grado di formulare la community...


La depressione di Shinji è un altro aspetto ben riuscito.
Principalmente perché è irrazionale. Le scene, i momenti topici in cui l'eroe si redime e torna alla ribalta ci sono, e sono annunciate e caricate. E Shinji non le coglie. Anzi, andando verso la fine, il suo spirito è sempre più fiaccato, fino alla totale catatonia di End of Evangelion.
La qualità sta quindi in ciò a cui non si abbassa piuttosto che nei suoi meriti.

Non molto quindi, forse.

Il che immagino riassuma tutta l'esperienza: un sacco di elementi positivi e una miriade di scivoloni - di sviste - in cui non è caduto.































p.s. Rei best girl.

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venerdì 19 agosto 2016

Chi sono e cos'è questo blog

Ciao. Se non hai idea di chi io sia ma per qualche motivo sei finito qui, sono uno scrittore triste e questo blog è la mia discarica per tutte le idee che non riesco a infilare in un romanzo. 

Cosa ci trovi?
Principalmente tutto quello che mi passa per la mente, con un minimo di filtraggio. Non sembra, ma ho un vago standard di qualità per questo blog. Il target è di stare a metà strada fra lo stato di Facebook particolarmente elaborato e l'articolo di una rivista. Il che significa che fra scrittura e correzione, ogni post mi prende fra una mezzora e dieci ore di lavoro, in base alla lunghezza. Eccezione fatta per le storie brevi che possono avere tempi di genesi, appunto, biblici. Buona permanenza. Ci sono pensieri, approfondimenti, recensioni, cazzate, velleità artistiche e quant'altro. Una condivisione mi aiuta a racimolare popolarità e costringere le case editrici a notarmi - grazie di tutto.

La migliore pubblicità di tutti i tempi.




Un uomo non particolarmente attraente, sui quarantacinque, avanza verso la camera. Lo sfondo è un bianco uniforme che fa contrasto con il suo completo tradizionale nero. La camicia è a righe trasversali bordeaux. Non particolarmente esuberante ma nemmeno interamente sobria. Si schiarisce la voce e da dietro la schiena porta avanti la mano destra, che impugna uno spazzolino. Inizia a parlare.

Buongiorno a tutti. Sappiamo che di spazzolini da denti ce n'è bisogno quotidianamente e che non tutti apprezzano l'uso di quello elettrico o hanno la disponibilità economica per comprarlo. Per questo abbiamo realizzato un nuovo spazzolino manuale. Non è molto diverso dal nostro modello precedente, ma abbiamo fatto un po' di test e pensiamo che, se utilizzato correttamente, pulisca leggermente meglio. Non costa caro ed è fatto di buoni materiali. Idealmente sarebbe stato realizzato senza sfruttamento di lavoro minorile o sottopagato, ma non possiamo garantirvelo. Forse è successo, forse no. In definitiva è un buon prodotto. La prossima volta che andate al supermercato e vi serve uno spazzolino nuovo fateci un pensiero. C'è di due colori diversi. Non ne abbiamo fatti di più perché è uno spazzolino da denti e non una cazzo di sciarpa, e due colori sono più che sufficienti. Se volete sentirvi unici e speciali non sarà il colore del vostro spazzolino da denti a farvi essere tali. Non abbiamo valori, passione o emozioni da trasmettervi perché siamo un'industria privata che produce spazzolini a fine di lucro. Facciamo un prodotto, voi lo comprate, e la nostra relazione finisce qui. Non abbiamo storie da raccontarvi. Non stiamo cercando di insinuare nulla su chi siete, come siete; se avete bisogno di cambiare la vostra vita o quello che manca a renderla completa è proprio il nostro prodotto. Abbiamo fatto un nuovo spazzolino e ci tenevamo a farvelo sapere nel caso ve ne servisse uno.  Grazie mille dell'attenzione e buona giornata.

domenica 7 agosto 2016

La vita è bella e tutti ce la possono fare e Marco Montemagno.

(parentesi iniziale auto-giustificante: sì, la terza parte della storia breve è in lavorazione. Lezione imparata: prima scrivere tutto, poi separare e pubblicare a intervalli regolari.)
"Tutti i libri che non ho mai letto", olio su tela, 2016.
Mi piace pensare (e qualche amico lo conferma) di essere diventato molto meno intollerante negli ultimi tempi. Di aver fatto più mia la frase - tanto adulta quanto noiosa - ciascuno può fare quello che vuole, i gusti son gusti.

Che male metterla nero su bianco. 

Ma oggi, per l'intrattenimento dei canadesi che per qualche strano bug di google analytics costituiscono il 10% del mio pubblico, metterò via tutti i progressi fatti nella direzione di diventare una persona calda e comprensiva, e sputerò veleno.

Perché Gesù se il piccolo Monty non mi fa ribollire il sangue nelle vene ogni volta che vedo la sua faccia incredibilmente grossa e incredibilmente vicina alla camera. Quindi direi di cominciare.

Per chi sia stato risparmiato dai suoi video su Facebook, Marco Monty Montemagno è un ex campione di ping pong, auto professato imprenditore (credo? non mi denunciare, non si capisce mai un cazzo di cosa fai nella vita) che vive in Inghilterra. Ha fatto una montagna di "progetti" e "idee" e accumulato un gran numero di "hater". Ma recentemente, e cito questo perché è stato il motivo principale per cui mi è stato inflitto, ha iniziato una serie giornaliera di video motivazionali fra i tre e i cinque minuti.

Non guardami così Marcolino, sappiamo entrambi benissimo chi sia quella persona ;^)

Ogni giorno in Africa un bambino muore. Ogni giorno in Occidente esce un nuovo video di Marcolino. Non sto dicendo che ci siano dei collegamenti, ma i fatti sono fatti. Edgy, lo so.

Andiamo a vedere qualche video.

Aaah, quante cose. E si comincia da Steve Jobs, un vero e proprio feticcio per gli incoraggiatori del nuovo millennio. Il grande inventore, il genio spericolato, il prototipo del self-made man. Che palle.

Mi prendo una piccola tangente per parlare male di tutti coloro i quali sono andati a scuola dallo stesso web-coach e fanno i video con lo stampino, fra cui anche il nostro Marchi Mark.
Vediamo se ritrovate qualcuna di queste cose in altri video di altri youtuber:
1) copertina video composta da qualche parola in grassetto e la faccia confusa/eccitata/triste dell'autore.
2) l'uso di sempre le stesse due o tre musiche per rappresentare i diversi stati emotivi. Video triste? Arpeggio al piano. Video felice? Royalty free ukulele di merda.
3) format rigidissimo che rende il video la cosa meno sincera immaginabile. Marcolino bim bum bam racconta un giorno che li fa alla mattina. Così, come improvvisasse. Che culo allora che ogni giorno la tua fantasia partorisce esattamente lo stesso concetto con un vestitino diverso.
4) jumpcuts e zoom in/zoom out assolutamente inutili. Davvero Marco boy non riesci a memorizzare due minuti e trenta di copione e ripeterlo senza dover tagliare il video? Davvero? Ma non erano fondamentali professionalità e dedizione?

Mi fermo qua, ce ne sarebbero molti altri ma il punto mi sembra ormai chiaro.

Qual è allora l'offesa più grossa dei suoi video, in definitiva? Sono inutili.

Sono vaghi il giusto per non dire nulla lasciando l'impressione di aver detto qualcosa. Non sono aria fritta, sono il tipo sbagliato di aria fritta. So che sembra strano da dire, ma dopo due anni di economia quel poco che ho imparato è che appunto esistono vari gradi di stronzate generiche che sembrano dirti qualcosa ma non lo fanno. Alcune sono addirittura positive. E il tipo di papa Marcu è fra i peggiori. È il tipo che ti da l'impressione che il suo autore sia totalmente a capo dell'argomento, e che sia in grado di rispondere a qualunque domanda. Non solo, ma che sembra aver affrontato e risolto l'argomento. È il tipo di aria fritta che ti lascia intendere che il suo autore sia invincibile e padrone totale del campo. Al punto che la domanda più naturale è sempre la stessa: ma che ci fai allora a fare i video?

Quando Marchi Marchi parla di come:

Finisce che la fenomenologia del video ti porta a credere, o meglio si comporta come se ti avesse portato a credere, che ce la puoi fare davvero. Piccola parentesi. Come sei bello e speranzoso mentre guardi verso l'infinito Marcaroo.

Quante cose anche qua. Tanto Mandela l'apartheid l'ha combattuta in primis con gli attacchi terroristici. E sappiamo tutti cosa succede quando gli imprenditori lavorano con la filosofia del fine che giustifica i mezzi. Poi questa ossessione, ossessione veramente, per le persone negative. Per gli hater, come ho detto prima, i pessimisti, i rinunciatari.

Dovreste fare una statua a quelle persone. Sono quelle che cercano di farvi vedere attraverso il vostro delirio incantato di successo e conquista. Quando ti dicevano che non ce l'avresti fatta coi video di youtube eh, che stronzi. Non avevano compreso tutto il tuo potenziale da 5000 visualizzazioni al giorno. Valeva la pena di svegliarsi ogni mattina alle cinque e mezza per fare il video, vero?
E lo so benissimo che su Facebook fai ben altri numeri, ma ci sarebbe un piccolo dettaglio, su Facebook l'acquisto di visualizzazioni è non solo legale, ma fortemente incoraggiato.

Con questo non voglio dire che tu compri le visualizzazioni Monte dei Paschi, non mi permetterei mai. 
Assolutamente.
Maaaaaaaaaaaa. No niente, è che mi sembra ci sia qualcosa di strano. Mmh. Come mai hai un unico video da 600k visualizzazioni? È solo perché l'hai messo in cima alla pagina? Possibile, possibile.
Maaaaaaaaaaaa allora come mai hai delle visualizzazioni così ballerine? Un video 300k, quello dopo 150k, quello ancora dopo 42k. Poi 42k per un bel po' e poi indovina? Hai fatto di nuovo il botto! Wow, 380k visualizzazioni su una pagina da 180k mi piace. Si vede proprio che le persone condividono e apprezzano la tua saggezza... ma non abbastanza da guardare il video che carichi il giorno dopo, però. Eh Monty Python, certo che il mondo è strano...

Quanta verità.
Ma dove li vedete tutti questi hater? Dove stanno? Chi sono? 
Sto per dire una delle frasi che voglio mi mettiate sulla lapide: non è che se uno ti critica allora è un hater, Marco Lindo.
Sembri capirlo, perché quell'immagine per tremenda che sia quantomeno azzecca la definizione, ma nei tuoi video te ne dimentichi costantemente. 
Sembrate inseguiti, cazzo. Perseguitati. Sembra che quando vi alzate alla mattina e andate al bar a prendere il caffè ci siano quaranta persone pronte a sputarci dentro prima ancora di riuscire a buttare giù il primo sorso.

Scorro i commenti dei tuoi video e non ne trovo uno negativo. Altra cosa un pochino sospetta, Super Frutto. E quindi tutti gli hater? Ce l'hai fatta, hai conquistato tutto, hai sbloccato il segreto finale per il successo... dove sono le orde di odiatori professionisti? Perché non ti hanno dato fuoco alla macchina, minacciato la famiglia?

Ecco un'altra bomba atomica di verità: in assoluto le persone non odiano, sono indifferenti. Maestosamente, sommamente indifferenti. Nei tuoi confronti come nei miei. Non fai eccezione. 

E poi, cazzo, ma di cosa stiamo parlando? Progetti di business. Tutto qua. Cinque dei tuoi video e sembra che stai formando quelli che un giorno inventeranno la democrazia, non una nuova marca di shampoo che finalmente non brucia gli occhi nella doccia.

Ma voi siete speciali. Di più, voi siete diversi:


Ed eccoci qua: la ciliegina di sterco fumante sulla torta di sterco fredda. Voi siete i diversi. I sensibili. I superiori. Solo voi potete capire la musica triste in sottofondo e la webcam a tre centimetri dalla faccia.
Vi allontanate dalla massa, la massa che torna però molto comoda quando serve per dimostrare che hai ragione e successo. Venite derisi. E di nuovo il chiodo fisso della persecuzione. Ma chi ti deride, Marchigiano? Io in questo momento, certo, ma non potevi mica prevedere il futuro.
Si potrebbe prendere ogni parola di quel video e commentarla, criticarla, deriderla. È un achievment da un certo punto di vista. Richiederebbe troppo tempo, però, e troppa pazienza del lettore, soprattutto. Di conseguenza preferisco lasciarvi con due commenti, a cui il commento, appunto, non è necessario:
Nome della sinfonia.

LO TRASRIVO