martedì 7 giugno 2016

Storia breve #1, parte 1

Chiude la porta. Si toglie i pantaloni, toglie cravatta e camicia e collassa sul divano. L'ora della cena per i suoi vicini è passata da molto, come tutte le sere; sente le voci ancora disperse nei giardini sul retro delle case affianco. Sente la voce di quella che ha soprannominato miss Fragole per il suo fastidioso gusto per il rosso, richiamare i figli che stanno giocando con l'annaffiatoio automatizzato - li richiama e ha sviluppato il terrore, come molti adulti, se ne rende conto, che le cose si romperanno autonomamente. Ha paura che tirare su e giù velocemente il finestrino della macchina lo spaccherà. Ha paura che tutti gli oggetti anche solo remotamente vicini ai bordi dei tavoli, delle sedie, di tutte le superfici rialzate, cadranno. Non è una paura, è il terrore assoluto della certezza dell'avvenimento. Non esiste la possibilità che non vengano colpiti e non cadano: se non li toccherà nessuno sarà la gravità; sarà qualche bizzarra inversione delle leggi che regolano il vento e i baricentri.  

Accende la televisione. Le finestre sono aperte per il caldo e il fatto di sentire le voci provenire dall'esterno non ha nulla di romantico. Non gli ricorda la sua totale solitudine ogni sera che ritorna a casa, è semplicemente la conseguenza fastidiosa dello stare aspettando da quasi un mese i tecnici dell'aria condizionata che, per scegliere un mese in cui rompersi, ha chiaramente scelto luglio, e la temperatura esterna vagamente minore a quella interna.
Miss Fragole poggia la tazzina del caffè e stende le gambe in una chaise longue di plastica bianca scadente che trova disgustosamente economica per quanto siano ricchi. Che non lo sono molto, ma la sedia lo è particolarmente poco. Chiazze nere ovunque e un bracciolo che non scende mai perfettamente, bloccandosi a quei venti gradi in più rispetto all'altro non decisivi ma decisamente visibili. Si chiede come faccia a bere il caffè la sera e dormire. Forse aver avuto figli ha qualche effetto collaterale sul tuo sistema neurologico imprevedibile, una mutazione casuale e spontanea, e nel caso di Miss Fragole ora può bere il caffè come fosse gazzosa.  

Apre il frigo e si serve una coca cola in un bicchiere di vetro. Se è da solo a casa non riesce a convincersi che abbia davvero un sapore migliore. Gli altri ne sembrano così convinti, lo dicono con una sicurezza tale che non se la sente di contestare. Gli altri chi? Colleghi, principalmente. Ruffiani e arrivisti, parassiti; ma anche i colleghi veri e propri. Qualcuno fra i suoi colleghi beve coca cola? Il principio della partita doppia trova la sua nascita fra contabili dei tempi andati, distanti come lo sembra il medioevo nell'appiattirsi dei ricordi, e sostanzialmente vuole che ogni conto abbia un suo contro uguale e opposto. Di fatto la transazione è tanto inevitabile quanto inesistente; ogni movimento non cessa mai di manifestarsi; ogni entrata è al contempo un'uscita; ogni guadagno una perdita(1). Teorizzato da uomini che non si erano mai spinti oltre le coste sicure del mediterraneo, questo principio si avvicina inquietantemente a buona parte delle idee delle filosofie orientali. Quasi il flusso del denaro non fosse di fatto un flusso; o meglio fluisse al punto che è più conveniente per la stabilità del modello considerarlo stabile. C'è una grossa differenza, economicamente parlando, fra il donare titoli di borsa per una onlus e vendere quei titoli e donare il denaro ricavato dalla vendita. Una delle conseguenze meno note e più affascinanti dell'appaltare la propria industria nel terzo mondo, è vedere le facce dei suoi dipendenti quando la notizia gli viene comunicata.

Lui lo sa.

Ordina da un ristorante messicano a poche centinaia di metri da casa sua. Una delle sue novità tecnologiche preferite: un altro contatto umano inutile che è stato reciso. Mentre seleziona i piatti e la birra che li accompagnerà, ha quasi una visione di suo padre - o forse di un vecchio qualsiasi - mentre lamenta di come la tecnologia ci stia rendendo tutti asociali. Sorride, dev'essere la prima volta oggi, e pensa che sia tutta invidia per chi l'asocialità a comando non se l'è mai potuta permettere.
Tortillas o empanadas? Le empanadas sembrano meglio, ma è quello che ha già ordinato un paio di giorni fa. Alette di pollo fritto? E poi dormici con tutto quel grasso sullo stomaco...
Sbuffa e alla fine si decide per un Huachinango: pollo marinato e verdure piccanti, cotto in stile Veracuz, che viene consegnato in un contenitore di vetro con l'icona del ristorante stampato da ogni parte, da lavare e riconsegnare 2/3 giorni dopo massimo. È sensibilmente più caro di buona parte del menu, e finora non hanno recuperato solo due dei contenitori, per cui la cosa, sorprendentemente, si continua a fare.
Mentre aspetta accende il portatile; Miss Fragole ha finito il suo caffè e dev'essersi addormentata sulla sedia, o è in meditazione profonda. Dubita fortemente che Miss Fragole potrebbe mai concedersi un momento così intimo e delicato come la meditazione, e il pisolino sembra piuttosto plausibile, considerata l'ora. Suo figlio minore, uno stecchetto di ragazzo con capelli castani brizzolati e un paio di occhiali tondi che lo fanno assomigliare ad Harry Potter, sta di nuovo scrivendo col gesso sul muro di casa sua. Lo sente. Lo avverte come se gli stesse fisicamente scrivendo addosso. È fisicamente fastidioso, appunto. Resiste la tentazione di alzarsi, affacciarsi alla finestra e urlargli di smetterla. Che cos'è che lo trattiene: la stanchezza o la spiacevolezza di passare l'ennesima volta come il vicino burbero che urla dietro ai bambini? Bambini un par di palle, pensa, avrà ormai più di dodici anni; li deve avere, quanti anni sono che abito qua?
Si alza e va alla finestra al lato opposto della sala. La vista qui è assolutamente speculare: qualche metro di giardino con l'erba tagliata corta e poi un'altra casa.
La casa a sinistra è di un rosa più scuro della sua ed è abitata da quelli che lui chiama Scilla e Cariddi - soprannome di cui è molto soddisfatto. Di fatto si tratta di una coppia sulla trentina, forse persino più giovani.
E per quanto si dica che no, non è ancora così vecchio; no, non inizierà certo oggi ad avercela coi giovani; no, non è ancora il momento di essere il vicino che si scandalizza; no, ho detto di no; il vederli fra le quattro e le cinque volte la settimana assieme, dalla finestra che ancora e ancora non viene mai chiusa, o quantomeno le tende non vengono mai tirate, e di fatto poterli anche sentire se si concentra un po' - in sottofondo come il ronzio di una lavatrice in una stanza lontana, ma tant'è li sente - lo schifa come al solito. Non un poco di più né di meno. Lei ha la tendenza a prenderlo e tirarlo per i capelli mentre lo fanno. Non sembra molto piacevole, visto da fuori, specie per lui che ha i capelli corti e la ragazza ci si deve quasi appendere per riuscire a fare leva. È invidia la sua? La sua risposta di default sarebbe il no, ma non si sente più così sicuro ormai.
Sta sopra e tira i capelli. Le vede il seno cominciare già un po' a cedere - non ha neanche trent'anni - e prega Dio che qualcuno fra lui o loro traslochi il prima possibile. Guarda l'orologio: due minuti e ventisei secondi e dovrebbero aver finito. Comincia a contare i secondi. Torna a sdraiarsi sul divano. Quando ne mancano trenta comincia una sorta di ola mentale: "aooooooooooooo-"
"olé.". Tre secondi dopo sente un rumore più forte, maschile, e dopo che lei l'ha baciato un ultima volta scende e si sdraia al suo fianco.

Un tempo ero più preciso, si dice, e per togliersi l'immagine di quanto ha appena assistito cerca di pensare a qualunque altra cosa. Qualunque altra cosa. Persino la giornata di oggi.

È in piedi, appoggiato ad una scrivania, nel minuscolo atrio riempito di sedie per l'occasione. I dipendenti occupato quasi tutta la superficie. L'atmosfera è quel misto impalpabile di rassegnazione, odio e paura. Un uomo sulla cinquantina piange in un angolo e due colleghe gli passano dei fazzoletti che sono pezzi di scotex mentre cercano di consolarlo. Un altro è stato portato via dalla sicurezza dopo che ha preso la tastiera del computer e ha cercato di usarla come arma contundente contro di lui. Alla tre e mezza spaccate attacca.
"Signori e signore, colleghi e colleghe, prestatemi gli orecchi". Sorride, questo genere di citazioni lo mettono sempre di buon umore.
"Quando Attila andava in un Paese, si diceva che lì l'erba non sarebbe mai più cresciuta. Beh, consolatevi, perché dove andrete voi probabilmente l'erba non cresce punto. E sì sto parlando, la voce sarà sicuramente circolata, del Vasizstan.
Ora prima che scenda nei dettagli, qualcuno ha qualche domanda preliminare?"
Solleva la mano una donna minuta che deve avere poco più sessant'anni. I capelli ormai bianchi sono tinti di nero intenso e negli occhi mantiene una certa luce di gioventù.
"Prego."
"..."
"Io sono il responsabile appalti per la Verosoft, che come saprete nel 2010 è diventata socia di maggioranza della vostra azienda. Molti miei colleghi non si sarebbero nemmeno presentati, e quello che vi sto dicendo io oggi di persona vi sarebbe arrivato scritto per posta; ci credete che al giorno d'oggi usiamo ancora la posta per questo genere di cose? In ogni caso mi sono preso parte del mio prezioso tempo per venire qui a parlarvi di persona, perché sapete, voi siete importanti per me."
Un barlume di speranza attraversa la sala.
"La vostra - a noi piace chiamarlo arto, come fossimo tutti parte dello stesso corpo - il vostro arto, stavo dicendo, ha prodotto i migliori PCR del mercato dagli anni novanta ad oggi. Avete lavorato instancabilmente e con dedizione ed è per questo che oggi vi vengo a portare questa importante novità. Come sapete recentemente la riforma dell'infrastruttura del Vasizstan ha dato nuova linfa vitale al Paese, e saremmo solo che ingrati ad uno sviluppo umano così bello se non contribuissimo per quanto in nostro potere. Per questo, a partire da oggi e nei successivi otto mesi, il vostro arto verrà reciso e impiantato in un nuovo organismo, per trovare nuova linfa vitale."
"L'hai già detto!", urla un uomo dall'anonimato della piccola folla.
"Grazie mille. Di fatto il vostro arto cesserà di vivere, per così dire, entro i prossimi otto mesi".
"Cioè ci licenziate tutti?", chiede una donna. Il pubblico rumoreggia. L'uomo che piange sta piangendo molto più forte di prima e stringe fra le mani un rullo da stampante che usa a mo' di rosario, e alterna le lacrime alle preghiere.
"No, no, assolutamente no. Innanzitutto le condizioni strutturali del Vasizstan e i suoi fornitori esteri fanno sì che spostare l'intera gamma di produzione del vostro arto non sia ancora economicamente vantaggiosa. Questo significa che solo la produzione degli A1 fino ai B6 verrà trasferita."
"Ma così rimangono solo i C4, 6 e 9; ci lavorano quattro persone al massimo!", urla uno.
"Sei, per la precisione, ma non è tutto qua. Come sapete alcune infami norme governative ci impongono di mantenere un minimo di dipendenti dal luogo di lavoro originale. Per la precisione l'8%. Quindi congratulazioni, tutti coloro che volessero partecipare a questo nostro sogno sono liberi di farlo. Vi basterà scrivermi personalmente".
Tira fuori un biglietto da visita su cui scarabocchia il suo nome e il numero di cellulare. Fra la folla Ivan Arakceev si domanda a cosa serva avere dei biglietti da visita se poi ci deve scrivere sopra quello che normalmente contengono i biglietti da visita.
"Buona giornata a tutti", conclude con il suo sorriso migliore. Scortato da due uomini della sicurezza si allontana fra il rumore generale.

Seduto sul divano di casa propria, affamato, aspettando il suo cibo, con in mano un bicchiere di coca cola di vetro sul cui sapore non riesce ad esprimersi certamente, si sente uno schifo. Altre vite. Le ha appena sfiorate, c'è passato tangente ed è riuscito a rovinarle. Come ce la fa? Si considera straordinario, da un certo punto di vista, e forse lo è.
Il budget di esercizio viene erroneamente identificato con la quantità di capitale investibile e da ripartirsi fra le varie attività, quando si identifica, a conti fatti, con il processo operativo e la quantificazione economico monetaria degli obbiettivi sanciti dalla programmazione, e con il piano d'azione per il raggiungimento dei suddetti obbiettivi, e, infine, con la valorizzazione del suddetto piano.
Per anni si è visto come un catalizzatore dell'odio. Presentandosi personalmente dove gli altri mandano lettere, diventando, a conti fatti, il capro espiatorio, si è sentito di fare una cosa giusta. O meno sbagliata. Di fatto viene difficile credere che sia qualcosa di giusto. Gli hanno spaccato i vetri della macchina e tagliato le gomme abbastanza volte da avere l'impressione che qualcosa di giusto lo stia facendo, però. Non dal suo punto di vista. Dal suo punto di vista esistono solo lavoratori che costano un salario minimo orario e tasse e sovrattasse e assistenza sociale e previdenza sociale e sindacati e altri lavoratori, da altre parti, che costano un salario minimo.
Gli piace che nella definizione la stessa parola abbia due significati diversi, lo trova appagante.
Funzione dei centri di responsabilità, e loro natura stessa, è quella di stabilire determinati obbiettivi raggiungibili con certe risorse, determinare le strategie per il loro raggiungimento, determinare gli intervalli di tempo in cui vadano raggiungi e controllare e seguire il loro raggiungimento stesso.
Il fatto che esistano e basta è appunto amorale. I lavoratori, intende. Cioè privo di morale. Non che manchi, non vi è proprio. Il fatto che la morale non c'entri non rende la sua scelta più semplice.
Al contrario. Diciamo che non conosce persona che tornata a casa la sera abbia altrettante volte e con altrettanta intensità il desiderio di doversi contenere per non esplodere in milioni di piccoli pezzi. Difficile da definire catartico. E ultimamente la cosa gli inizia a pesare. Più del solito, diciamo. Al punto che ultimamente non se la sente più tanto di fare il capro espiatorio. Sa che è il suo dovere e sta facendo solo il suo dovere e le decisioni vengono da sopra di lui e se fosse lui a decidere non costringerebbe un suo sottoposto a fare quello che sta facendo ma comunque non ce la fa. Gli ultimi due appalti li ha fatti per lettera. Quello che si era ripromesso di non fare mai. Di fatto oggi, finita la conferenza, prima di uscire e prendere un taxi e tornare al suo ufficio, si è chiuso in bagno a vomitare. Non è la prima volta che gli succede, e per un po' lo fa sentire bene. Ma ora non ci vuole pensare.

Domani grazie a Dio niente visite a nessuno. Tutto il giorno in ufficio fra protocolli da firmare e moduli da compilare e facce anonime di persone a cui tutta questa carta va e da cui ritorna con altre firme e altre moduli altrettanto firmati e compilati.
Nella casa affianco è cominciato il secondo round. Ha una certa stima per chi riesce a ricominciare subito appena finito, qualcosa di cui non è mai stato capace. Si alza e riempie l'annaffiatoio con l'acqua della doccia. Si è ripromesso di dare l'acqua ai gerani ogni volta che c'è un secondo round e per ora sembra stare funzionando, perché i fiori sono sani e a guardarli si tira sempre un po' su. Non stasera. Stasera non gli fanno provare nulla. Quantomeno non peggiorano la situazione. Si chiede quanto diamine possa volerci ancora a consegnare il suo cibo. Mentre li annaffia Miss Fragole lo vede e lo saluta. Non si era accorto si fosse svegliata. Improvvisamente l'idea di essere in mutande lo coglie. Non gli importa poi molto. Ha come l'impressione che la donna lo guardi con un certo desiderio.

Qualche posizione sopra la sua, nell'organigramma aziendale, c'è un uomo che segue fanaticamente gli insegnamenti di un supposto esperto di "comunicazione" e "pnl" e "tecniche comunicative", che gli ha ripetuto sufficientemente volte che quanto insegna lui non sono le solite stronzate new age con cui si riescono a inculare un buon numero di manager, ma è qualcosa di completamente diverso. Eccetto che a conti fatti sono esattamente lo stesso gruppo di stronzate new age con cui si riescono a inculare i manager, ma l'uomo ci è cascato. O meglio ha scelto di cascarci. Ha scelto di credere che avendo sentito abbastanza volte ripetersi come non lo fossero, di fatto non lo siano. Che non è vero, ma è tutto molto più semplice quando scegli di crederci. E così fra le idee proposte c'è una ripresa del motto latino mens sana in corpore sano e quasi tutti i dirigenti, che lo vogliano o meno, fanno circa un'ora e mezza di palestra al giorno. Lui lo sa, ed è consapevole di avere un buon fisico.

Ha una sottile linea sugli addominali; pettorali, tricipiti e quadricipiti piacevolmente gonfi, ed è generalmente piacevole da vedersi.
Teoricamente l'aumento di produzione di qualunque prodotto con margine di contribuzione secondario > 0 dovrebbe essere un dato positivo, tuttavia considerando l'effetto sul mix di vendita della diminuzione nella produzione, per semplice proprietà delle proporzioni, di prodotti il cui prezzo di budget sia superiore al prezzo medio di budget, si prospetta un futuro piuttosto nero per l'azienda stessa.

Torna in casa e poggia l'annaffiatoio. Sono più di quaranta minuti, il cibo dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Il campanello suona.
Si affretta ad attraversare la casa. Fa la sala in poche falciate. Spalanca la porta.
Davanti a lui c'è una donna. Sarà alta un metro e sessanta. Capelli biondi corti, occhi grandi, una maglietta con scritto "daddy" che le arriva a malapena alla bocca dello stomaco; shorts particolarmente corti e un paio di scarpe da ginnastica bianche. Ha un fisico asciutto e ben delineato e sembra vagamente annoiata mentre fissa il cellulare e mastica qualcosa.
Alza lo sguardo, lo vede e sorride. Lui è confuso ma sorride a sua volta.
Si appoggia allo stipite della porta. L'idea di essere in mutande lo colpisce di nuovo.
Sorride ancora.
"Non sapevo venissero a casa tua senza neanche doverle chiamare adesso.", le dice mettendosi a ridere.
La ragazza lo guarda perplessa qualche secondo.
"Sono tua figlia."




















(1): non esattamente. 

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