giovedì 1 settembre 2016

Una poesia d'amore in prosa

La parte più difficile del diventare un poeta o un fotografo è convincere i tuoi amici che lo sei. Fino al giorno prima eri il solito stronzo, ma una sera ti presenti al baretto e hai lo sguardo perso. Convinti che sia per qualcosa di serio i tuoi amici si preoccupano e ti chiedono cosa ci sia che non va. Scrolli la testa e sorridi un poco, sbuffando. - non è nulla ragazzi, stavo solo pensando un po' -. I tuoi amici ora sono convinti che tu sia semplicemente fatto, e la prendono sul ridere. Ma tu hai dentro l'universo. Universo intimo, la marca delle tue mutande.

Il fatto è che fondamentalmente sei lo stesso del giorno prima, o meglio se anche hai piantato il seme del cambiamento manca ancora la giusta dose di concime per portarlo a un risultato visibile.
E lo sforzo, diciamolo, è il problema principale.
Perché c'è un motivo se hai scelto una forma di espressione che è facilmente sostenibile senza grossi sforzi pratici. O che almeno credi non ne richieda. Non è la fatica l'obbiettivo. Non è nemmeno l'obbiettivo, se hai scelto la fotografia, anche se prima o poi uno dovrai comprarlo. Metà delle foto che hai fatto vedere alla tua ragazza sono fatte con la reflex, l'altra metà con il cellulare. Non le hai spiegato questa cosa.

E lei preferisce le seconde.

Anche tua mamma ti fa lo stesso commento. E poi te lo fa il tuo migliore amico. E poi te lo fa anche la tua migliore amica - che di fatto è più una ex piuttosto che un'amica, ed è l'unica persona della tua età, credi, dell'altro sesso, con cui hai veramente confidenza.
Sei convinto che l'averti visto nudo sia in qualche modo un prerequisito fondamentale per la tua capacità di aprirti con una persona. Sei lievemente imbarazzato dal tuo corpo nudo. Anche dopo tutti questi anni. C'è sempre qualcosa che non va. Sei troppo magro, per dirne una. E le costole non sono... dritte? È possibile non avere le costole dritte? Vorresti controllare ma hai una vaga paura recondita di scoprirti malato di qualcosa di terminale e orribile, e pensi che tutto sommato è una curiosità stupida che non è il caso di andare a controllare.

Non perdiamoci troppo. Arte. Poesia e fotografia. Nel frattempo sei arrivato a venti poesie composte. Anche se non te ne piace più nemmeno una, non sono poche, ti dici, e un po' ci credi. Sai che il numero non conta, ma sai anche che il numero un po' conta. Puoi chiamarti un poeta se hai scritto una sola poesia? O due? O cinque? 

Cinque era il tuo limite inferiore. Dopo cinque - dopo cinque glielo dico. Hai la brutta abitudine di parlare troppo presto dei tuoi progetti, delle tue ambizioni. Ne parli come fossero già finiti e fossero già andati in porto, quando in realtà hai appena iniziato. Ne consegue che quando poi le cose vanno bene non puoi esultare, perché la felicità e le congratulazioni te le sei giocate all'inizio, e quando vanno male ci fai una figura di merda non da poco.

La prima fotografia di cui vai fiero riguarda la tua migliore amica. Che nel frattempo ha un nome - Laura - e che nonostante si sia rifiutata con forza di farsi fotografare nuda, non ci ha messo troppa convinzione nella risposta. E pensi che tutto sommato si opponeva non all'idea di posare nuda, ma di posare nuda per qualcuno che non è nemmeno un fotografo. Se sei un fotografo, uno vero, non c'è nulla di male a posare nuda. È arte. Certo, non la farai comunque vedere a tuo padre o tua madre, ma è pur sempre arte. L'imbarazzo che provi è un brutto costrutto sociale, figlio di secoli di barbarie, che è duro rimuovere. Ma sai che un giorno ce la farai. You go girl.

Se non ha accettato di posare nuda, poco ci manca. La hai spogliata di tutto a parte l'intimo e le dai una quarantina di nastri di cartapesta colorati. Ne hai presi di ogni sfumatura dell'arcobaleno. Le dici di indossarli. Laura è un po' in imbarazzo. Il suo imbarazzo è principalmente causato dal cercare di combattere l'innaturale e orrenda sensazione di imbarazzo che viene dalla barbarie di vergognarsi a stare in intimo con un'altra persona. Lo sai che è per quello. Settimana scorsa siete stati al mare assieme e non aveva alcun problema. Adesso invece quasi ti dice che non lo vuole fare; che è stata una pessima idea - non so perché ho accettato, dai dammi la maglietta.

Qui si forma il primo dubbio. Dovresti insistere o lasciarla fare? Se ti opponi la cosa potrebbe andare un po' troppo in là. Hai qualche flash istantaneo della tua vita in carcere. E quando esci tuo padre che non vuole più guardarti. Sai che ha un senso dell'umorismo spiccatamente nero, e che prima di vietarti di tornare in casa si sarebbe messo a ridere e ti avrebbe detto che se proprio ti dovevi beccare una sentenza per stupro, almeno che fosse stato per una veramente figa. Laura non è brutta, ma ti da fastidio il modo in cui pronuncia le r.  Ti sembra molto superficiale, come difetto, ma non puoi evitare di pensarci ogni volta che apre bocca. Ha dei bei denti. E delle labbra piacevoli: non molto carnose ma nemmeno invisibili. 

In ogni caso, riprendi la concentrazione. Decidi che ne vale la pena. La guardi fissa negli occhi, evochi la voce più profonda che ti riesce di portare fuori dai tuoi polmoni e ti opponi. No, Laura, forza. Mettiti i nastrini. È per la foto, forza. 

Non sei molto convinto delle tue argomentazioni e continui.

Non devi pensare male. Il nudo era per la mia visione artistica dell'immagine. I colori, la luce, e le cavernosità del corpo femminile. Era un bel contrasto, non trovi? In ogni caso hai detto di no, e io ti ho rispettato. Ora per piacere rispetta il mio lavoro.

Non hai mai scattato una foto a una modella - o un modello, o una persona qualsiasi, se è per questo - per cui non hai bene idea di cosa sia esattamente il tuo lavoro, ma Laura si convince. O almeno si calma.

Come li devo mettere questi? - ti chiede. Appoggi la camera sul pavimento e ti avvicini. 

Laura fa un passo indietro. Ha le mani completamente occupate e per sorreggerli tutti tiene gli avambracci tesi in avanti. È indifesa, pensi, non può reagire, e ti spaventi un po' da solo. È lo stesso pensiero che ti viene ogni tanto quando prendi in mano i coltelli grandi della cucina. Potrei ucciderli tutti, se non lo faccio è solamente la mia volontà a impedirmelo. Ti senti potente ma scacci il pensiero. Laura trema un poco. È il freddo, lo sai, e non ti fai troppe illusioni.

Inizi a lavorare. Prendi un nastro alla volta. Sono tutti mezzo metro, centimetro più o meno. Le bendi un occhio dando un giro attorno alla testa e lasci il resto a penzolare dietro la schiena. Pieghi un secondo nastro a metà, per la superficie lunga, e lo fai passare dal mento su per tutta la faccia, come a tagliarla in verticale. Poi lo adagi sui suoi ricci lungi, raccolti come un palma sulla testa. Prendi un altro nastro e glielo avvolgi attorno al collo a mo' di sciarpa. Poi fasci le braccia e le gambe. Occupi quasi tutto il torso, lasciando spazio attorno al seno che per imbarazzo non tocchi. Stringi alcuni nastri attorno alle ascelle e li fai cadere lungo la schiena. L'effetto mantello non è come te lo immaginavi, ma non ti dispiace. Finisci di mettere gli ultimi tre un po' casualmente.

Laura ti guarda speranzosa, non può saperlo ma confida che l'effetto finale sia qualcosa di più che semplicemente buono o carino.

E ora? - ti chiede, mentre cammini indietro per recuperare la macchina.

Ti chini e la prendi, la accendi e le sorridi. 

E ora sdraiati.

Laura ti guarda di nuovo perplessa. Forse anche spaventata, non ne sei sicuro con i nastri che coprono quasi ogni centimetro del suo viso.

N-no, cosa? Perché?

Sdraiati.

Laura si sdraia prona.

Ora girati lievemente sul fianco destro. No, quello è il sinistro. Così. Porta le braccia un po' davanti alla pancia. Ecco, hai capito subito. E le gambe. No, non così. Più piegate dopo il ginocchio. Ancora un po'. Perfetto.

La guardi un paio di secondi. È attraente e tu sei maschio e in quanto maschio sei porco, e in quanto porco sei privo di morale. Come per esempio il fatto che la tua attuale ragazza - già, mi sono dimenticato di citarla - non sa niente di quello che stai facendo, e ti crede alle prese con qualche esame. Ma non ci pensi troppo. Non pensare troppo è un esercizio che hai cominciato a praticare molto spesso, negli ultimi tempi.

Ti avvicini e scatti. 

Laura protesta. 

Nell'eccitazione ti sei dimenticato di spegnere il flash.

Avvisami almeno la prossima volta - si lamenta, rispondendo alle tua bugia che fosse tutto intenzionale e al fine della tua visione artistica.

Cominci a scattare.

Il click della macchina ricorda un po' quelle da scrivere, che hai sempre detestato - con il loro fascino da epoca passata e la loro totale inutilità, ormai.

Convincere i tuoi amici che quello che fai sia arte è stato difficile. Questo potresti dire se ci fossi riuscito. Ma non ci sei ancora. Non tutti capiscono. Non i tuoi amici. No, loro non capiscono. Ma hanno semplicemente una visione ristretta di cosa sia e non sia l'arte. E per estensione di chi la possa praticare. Cosa ne vogliono sapere. Ti piacerebbe avere un tesserino. Una patente, qualcosa che possa affermare oltre ogni ragionevole dubbio che sei un'artista. Sai che non ne esistono, ma nulla ti impedisce di sognare.

Fai girare Laura supina, con la testa rivolta al soffitto. Guarda più indietro che puoi, le dici. Alcuni fra i nastri si sono rotti e sono finiti sul pavimento attorno al suo corpo. L'avevi previsto e speravi sarebbe successo. Ti inginocchi e allarghi l'obbiettivo. Scatti quattro volte. Poi ti prendi un secondo per asciugarti la fronte con la mano. Ne approfitti per fissarle il culo. Era una delle sue parti che preferivi, quando stavate insieme, e si è conservato come era.

Laura è estremamente scomoda con il collo sforzato a quel modo e non manca di comunicartelo. Ti alzi in piedi. Ti metti sopra di lei, con piede destro e sinistro qualche centimetro più in là dei suoi rispettivi fianchi. Puoi percepire il suo fastidio, ma non dice nulla. Dopo un altro paio di scatti la lasci libera. Si rialza. Nel gesto finisce di strappare buona parte dei nastri, che si accasciano sul pavimento.

Come sono venuta? - ti chiede, con un filo di vanità malcelata.

Perfetta - le sorridi.

Alla sera, di fronte al pc hai circa un centinaio di fotografie. Sono tutte pressoché uguali: non ne sono venute molte sfumate, come temevi, e quelle che lo sono lo sono con una loro grazia. I colori dei nastrini si mischiano quasi, in quelle, e tutto il pantano che si crea emana vita. Lentamente cominci a scremarle. Le elimini una ad una fino a che te ne rimangono quattro - per le diverse posizioni in cui l'hai fatta mettere. 

Sei soddisfatto. Per un po' intratteni l'idea di masturbartici sopra. Per quale motivo averle scattate, altrimenti? Lo accantoni per un altro momento.

Dopo un mese sono diventate venticinque. Hai scritto le ultime con molta più facilità. Non sai se questo dipenda dal fatto che sei innamorato o semplicemente dal calo di qualità. C'è stato un calo di qualità? Sei fermamente contrario al cliché dell'uomo innamorato che compone arte per la sua bella. Di fatto la poesia numero ventiquattro parla esattamente di questo: una descrizione minimalista di un ipotetico soggetto maschile, innamorato a suo volta, che reclama la propria totale eguaglianza alla sua donna. Tu sei ok, io sono ok, passiamo qualche bel momento assieme. C'è questa frase, più o meno letteralmente così. Non trovi un modo per farla suonare meglio, ma ti piace il concetto al punto che non vuoi rinunciarci. Odi il fatto che gran parte della tua arte si potrebbe definire minimalista. Ti piacciono l'esuberanza, le cattedrali nel deserto, e ti ritrovi a scrivere allo stesso modo di ogni tuo coetaneo.

Il problema è che quando tenti di fare qualunque altra cosa, il risultato poi ti fa schifo.

Ogni poesia d'amore è una poesia d'amore verso se stessi.

Anche le tue.

Laura è simpatica e affettuosa e non ti ricordi perché vi siete lasciati. 

La ventitré fa così:

Ti ho dato tutto quello che avevo
che non è granché
perché quello che ti ho dato non era tutto

Ti ho dato tutto quello che potevo darti
che non è granché
perché quello che ti ho dato non era tutto

TI ho dato tutto quello che potevo convenientemente darti
che non è granché
perché quello che ti ho dato non era tutto

TI ho dato tutto quello che mi sentivo in quel momento di darti
che non è granché
perché quello che ti ho dato non era tutto

E
in cambio
io voglio
Tutto.

Non ti piace, ma non vuoi cancellarla. Vorresti rimasse - oppure no, perché ogni volta che senti una poesia che rima ti ricorda Leopardi e cose vecchie e morte e stra-morte.
Vorresti scattare altre foto, ma questo giovedì Laura ha da fare.








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